Dialetto e Tradizioni: ”i Tre Mercanti della Neve"
Dialetto e Tradizioni: ”i Tre Mercanti della Neve"
Le feste sono ormai passate e ci troviamo ad affrontare quello che sembra essere il mese più lungo dell'anno: Gennaio...freddo, buio e inclemente.
Non resta dunque che appellarsi a qualche Santo per far sì che questi giorni passino in fretta.
Ed ecco che tre Santi vengono in nostro aiuto. Sono i cosiddetti "Mercanti della Neve":
SAN MAURO, 15 Gennaio, viene celebrato con la vendita dei “filsòn”, castagne secche raccolte in lunghe collane.
SANT'ANTONIO ABATE, Patrono di Sant'Angelo, viene festeggiato il 17 Gennaio.
Questo grande patrono del mondo contadino è ancora oggi celebrato con un gran numero di manifestazioni, riti e consuetudini antiche non solo nei paesi della pianura padana: falò, mercatini e benedizione degli animali.
I falò che si accendono nella sera della vigilia sono ricchi di significati propiziatori e rimandano alla leggenda che narra come Sant'Antonio sia sceso all'inferno per riscaldarsi e rubare al diavolo un tizzone ardente da donare agli uomini: da qui la sua elezione a protettore contro i pericoli degli incendi.
SAN BASSIANO, 19 Gennaio, si celebra solennemente a Lodi.
In cambio del patrocinio riceve ogni anno l'omaggio dei ceri e dei prodotti della terra, mentre fuori dalla cattedrale romanica la folla si snoda quasi in corteo fra le bancarelle inebriandosi di aromi di vino e di buseca, saporita trippa fumante.
I "Mercanti della Neve" devono questo nome al fatto che, i giorni in cui si ricordano, sarebbero sì quelli più nevosi dell'anno, ma anche quelli che aprono le porte ad uno spiraglio di primavera.
Una tradizione antica che rimanda ai contadini, i quali, privi delle previsioni meteo, avevano il loro almanacco legato al calendario ma anche ai mutamenti climatici stagionali del loro territorio.
“I MERCANTI DÈLA NEVE”
San Maver, Sant’Antoni e San Basàn, i tri mercanti dèla neve, un pruèrbis dei nosti vegi che incö l’è un po’ pasàde de moda.
Me se recordi da fiulén che invece l’èra propi insì, cavalàde de neve che te püdèvi mangiàla da sta in pé, e quante balucàde fra de nöme.
A Sant’Antoni cun la scüsa che stèveme a ca’ da scola, pasèveme tüte el tèmpe a fa’ le batàglie fra de nöme.
La briöla de lana in testa, i guanti fai a man dala mama e cun le man vernighènte dal frège e la candila al naš na’ fèveme una pèll de giügà.
Pö la sira, quande gnèva scüri, dopu avè ciapàde magari quater patòn perché sèreme pü nanca da vède, se pichèveme atàche ala stüa a spetà che rüvèva el papà cun quàter ufèle da mangià.
Perché se l’è vira che el clima l’è cambiade, che gh’è pü le stagiòn de una volta e tüte cle balòte li, una certèsa la gh’è sèmper: le noste ufèle!
Enrico Vignati
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